domingo, 5 de julho de 2015

Bishop Athanasius Schneider offered a Solemn Pontifical Mass and officiated at Pontifical Vespers at Maternal Heart of Mary Church, Lewisham,Australia.


Photopost Catchup for June 2015


We are always glad to receive photos of your liturgies, even when we haven’t specifically asked for them for a major feast. Here are three sets from various events: a Pontifical Mass in Australia, celebrated by Bishop Athanasius Schneider, an EF Solemn Mass in Louisiana, and an OF First Mass of a newly ordained priest in Tiverton, Rhode Island.

Maternal Heart of Mary Church, Lewisham, Australia
The Most Reverend Athanasius Schneider, Auxiliary Bishop of Astana (Kazakhstan), recently came to Australia at the invitation of the Australia Catholic Students Association (ACSA). During his visit in Sydney, he offered a Solemn Pontifical Mass and officiated at Pontifical Vespers at Maternal Heart of Mary Church, Lewisham. A great friend to the traditional liturgy and a strong defender of the faith, he preached on the importance of the liturgy and Eucharist in the everyday lives of the faithful. More photos of these liturgies can be viewed on the facebook page of the Maternal Heart Parish.





sábado, 4 de julho de 2015

Il card. Stickler ricordato come il "profeta" del Motu proprio "Summorum Pontificum". Cardinal Alfons Stickler: You know that worship and worshipping in every region is attached closely to tradition. EL ATRACTIVO DE LA MISA TRIDENTINA por el Cardenal Alfons Stickler. Declarações do Cardeal Stickler sobre a Missa de S. Pio V

Il card. Stickler ricordato come il "profeta" del Motu proprio "Summorum Pontificum"

Il card. Stickler ricordato come il "profeta" del Motu proprio "Summorum Pontificum" 

Alfons Maria Cardinal Stickler (1910-2007)
Il card. Alfons Maria Stickler (1910-2007) S.D.B, Archivista e Bibliotecario emerito di santa Romana Chiesa morì il 12 dicembre 2007 nel suo appartamento nel palazzo del Sant'Uffizio in Vaticano.

Un anno dopo due importanti celebrazioni sono state fatte a Roma in memoria: la prima l'11 dicembre da parte dei suoi confratelli Salesiani con una S. Messa celebrata presso l'Università Salesiana dall'attuale Archivista e Bibliotecario il cardinal Raffaele Farina.

Un'altra dimensione è stata invece al centro dell'evento del 15 dicembre. Infatti il card. Stickler non è stato solo un uomo di profonda fede e carità ma anche un famoso studioso di grande cultura ed anche questo aspetto è stato trattato estesamente in un simposio all'Istituto Nazionale Studi Romani sotto l'egida del Centro Culturale Lepanto ed Una Voce Italia.

I relatori hanno visto l'importante accademico e membro della Pontificia Accademia per la Vita Wolfgang Waldstein come relatore principale insieme a mons. Ignacio Barreiro Carambula, direttore per l'Italia dello Human Life International ed il dott. Claudio Bernabei del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell'Università di Cassino e dirigente di Lepanto.
Gli oratori sono stati brillantemente moderati dal prof. Umberto Mariotti Bianchi, Presidente del “Gruppo dei Romanisti”.

Importanti le lettere di sostegno e di adesione all'iniziativa lette all'inizio dei lavori: il Segretario di Stato cardinal Tarcisio Bertoneha scritto un lungo messaggio agli organizzatori della "lodevole iniziativa" auspicando "che gli esempi di fede e di instancabile dedizione alla Chiesa e al Vangelo offerti dal defunto porporato suscitino in quanti lo hanno conosciuto e stimato un rinnovato impegno nella testimonianza del perenne messaggio evangelico", e invocando sui partecipanti "la celeste protezione di Maria Ausiliatrice e l'abbondanza delle divine benedizioni"- Da parte sua il Prefetto della Pontificia Commissione Ecclesia Dei Cardinal Castrillon-Hoyos ha espresso "la più sentita solidarietà per questa iniziativa ... e ai sodali di Una Voce come anche del Centro Culturale Lepanto giunga il mio più sentito augurio di ogni Bene nel Signore", mentre il Cardinal Francis George, OMI, arcivescovo di Chicago e presidente della Conferenza Episcopale USA: “Il Cardinal Stickler ha amato la verità perchè ha amato Cristo che è la Verità", ha scritto, "Questo simposio farà risuonare ancora la sua voce, sono grato agli organizzatori".

Numerose le personalità presenti, tra le quali ricordiamo la prof. Gertrud Stickler, sorella del Cardinale, l'ambasciatore d'Austria presso la Santa Sede S. E. Martin Bolldorf, il diplomatico Adam Packer dell'Ambasciata USA presso la Santa Sede ed il Vice Presidente della Camera dei Deputati l'on. Rocco Buttiglione.

Ciò che in particolare hanno messo in evidenza due degli oratori, il professor Waldstein and Mons. Barreiro Carambula, è stato felicemente sintetizzato dal moderatore prof. Umberto Mariotti Bianchi quando ha definito il Cardinal Stickler “profeta del Motu Proprio”.

Ciò che i due relatori hanno approfondito, ognuno nella sua sfera di interesse, rispettivamente temporale e religiosa, è come il cardinale fu anche un vero anticipatore del “Summorum Pontificum” celebrando con il Vetus Ordo numerose volte e sostenendo pubblicamente che il rito gregoriano o forma straordinaria del Rito romano "non era mai stato abrogato e che quindi rimaneva perfettamente legittimo".

Una controversia che è stata risolta una volta per tutte proprio dal Motu proprio", ha ribadito Mons. Barrerio. Questa è la ragione per la quale "l'elezione a pontefice del cardinal Ratzinger fu vista da lui come un miracolo della volontà divina" come ha sottolineato il prof. Waldstein. “il fatto che il card. Stickler potè assistere alla publicazione del motu proprio Summorum Pontificum fu anche per lui come per me stesso una profonda gioia". In conclusione il dott. Claudio Bernabei ha ricordato il card. Stickler come un instancabile difensore della Vita e della Famiglia.

Una ampia sintesi degli interventi sarà disponibile sul prossimo numero di LepantoFocus.
FONTE:http://lepantoinforma.blogspot.com/2008/12/il-card-stickler-ricordato-come-il.html

Cardinal Alfons Stickler: You know that worship and worshipping in every region is attached closely to tradition.


Cardinal Alfons Stickler: You know that worship and worshipping in every region is attached closely to tradition. No worship is easily changed in any religion. All are attached closely to tradition. This is true in a special manner also for our Rite, our Roman Latin Rite. Its changing after the Council was said to be a question of natural development; but, for every Rite, thinking should be only organical, adopted slowly in order to give no impression of changing, of cutting tradition. Unfortunately many people had this impression after the so- called "reform" established by the Commission, which was instituted by Pope Paul VI after the Council. Many things were changed which really cut the hearts of many of the Faithful - I would say sometimes the best of the Faithful.

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Address by H.E. Cardinal Alfons Stickler

on June 20, 1992 at the Annual General Meeting
of the Latin Mass Society

Your Movement has Legitimacy in the Church

I have accepted, with great pleasure, the invitation of your Chairman and Secretary to come to your Meeting. Now after reaching my 80's I am free from my ordinary work in the Curia so I can more easily accept such invitations and I do it with great pleasure when I can be helpful to so many of the faithful who today have many difficulties. I will communicate with you some ideas which I have found in many countries. I have been to Italy, France, Austria, Switzerland. I have been last February also in the United States for the opening of the Institute of Dietrich von Hildebrand, with a great High Mass in St. Agnes Church. I was told that the church was never so full since Fulton Sheen preached his Lenten sermons there. From everywhere people were coming so I could realise that in the United States also, the movement and the consideration for the old Mass are very effective.READ...


Declarações do Cardeal Stickler sobre a Missa de S. Pio V

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Declarações do Cardeal Stickler sobre a Missa de S. Pio V

Prefeito emérito dos Arquivos do Vaticano
(revista The Latin Mass, 1995)

"O Papa João Paulo II fez duas perguntas, em 1986, a uma comissão de nove cardeais.

Primeira pergunta: "O Papa Paulo VI ou qualquer outra autoridade competente até o presente momento proibiram legalmente a livre celebração da Missa tridentina?"

"A resposta dada por oito destes cardeais em 1986 foi que não, a Missa de São Pio V jamais foi suspensa. Posso afirmá-lo: eu era um destes cardeais. Um somente foi de parecer contrário. Todos os outros estavam a favor de uma livre permissão: que cada qual possa escolher a antiga Missa.

Houve uma outra pergunta muito interessante: Será que um bispo pode impedir qualquer sacerdote que seja, desde que em situação regular, de recomeçar a celebrar a Missa tridentina? Os nove cardeais responderam unanimemente que um bispo não podia impedir um sacerdote católico de celebrar a Missa Tridentina. Nós não temos uma proibição oficial e eu penso que o Papa jamais pronunciaria uma proibição oficial."



O mesmo Cardeal no Congresso de Christi Fideles, Nova York, maio de 1995

"A Missa nova deveria chamar-se "missa da comissão litúrgica pós-conciliar":

"Pela constituição do Vaticano II sobre a liturgia é evidente que a vontade do Concílio e a vontade da comissão litúrgica muitas vezes não coincidem, e até se opõem de maneira clara.

A missa de Paulo VI ... põe antes em evidência o aspecto geral da missa, a saber a Comunhão; o que resulta em transformar o Sacrifício naquilo que é permitido chamar um banquete.

O lugar importante dado às leituras e à pregação na nova missa, a possibilidade mesma deixada ao padre de acrescentar explicações e palavras pessoais é uma reflexão a mais sobre o que é legítimo chamar de uma adaptação à idéia protestante de culto..."



"A recente mudança na localização do altar, bem como a posição do padre de frente para a assembléia - proibidas antigamente - tornam-se hoje o sinal de uma missa concebida como reunião da comunidade."

"Santo Tomás de Aquino consagra todo um artigo para justificar o "mysterium fidei". E o Concílio de Florença confirma explicitamente o "Mysterium fidei" na fórmula da Consagração. Em nossos dias, o "mysterium fidei" foi eliminado das palavras da Consagração na nova liturgia. Por que então?

Foi concedida igualmente a licença de dizer outros cânones. O Segundo Cânon - que não menciona o carácter sacrifical da missa - tem, não há dúvida, o mérito de ser o mais curto, mas, de fato, suplantou por toda a parte o Cânon romano.



Foi assim que nós perdemos o profundo sentido teológico dado pelo Concílio de Trento."

"Por essas mesmas razões, o cânon 9 do Concílio (de Trento) estabelece a excomunhão para aqueles que afirmam que o rito da Igreja Romana no qual parte do Cânon e as palavras da Consagração são pronunciadas em voz baixa, deve ser condenado."

"O emprego do vernáculo acarretou sérias incompreensões e erros doutrinais, ele produziu a "desunião": Esta Babel de cultos públicos tem por resultado a perda da unidade externa no seio da Igreja Católica (...). Devemos admitir que, em poucos decénios, depois da reforma da língua litúrgica, nós perdemos esta oportunidade de rezar e de cantar juntos".

"Em terceiro lugar, a reforma que se seguiu ao Vaticano II destruiu ou transformou a riqueza de numerosos símbolos litúrgicos".



"Para resumir nossas reflexões, podemos dizer que os benefícios teológicos da missa tridentina correspondem às deficiências teológicas da missa saída do Vaticano II."

(conf. revista "Iota Unum" n. 312, 21/10/1995, Paris).

Para citar este texto:

"Declarações do Cardeal Stickler sobre a Missa de S. Pio V"
MONTFORT Associação Cultural

EL ATRACTIVO DE LA MISA TRIDENTINA por el Cardenal Alfons Stickler


Cardenal Stickler - El atractivo de la Misa Tridentina :Desde el comienzo mismo de la Iglesia, la fe y la liturgia han estado íntimamente conectadas. Una clara prueba de esto puede hallarse en el propio Concilio de Trento. Este Concilio declaró solemnemente que el sacrificio de la Misa es el centro de la liturgia Católica, en oposición a la herejía de Martín Lutero, quien negaba que la Misa fuese un sacrificio.Martín Lutero había negado de forma clara y pública su misma naturaleza declarando que la Misa no era un sacrificio. Es verdad que, para no perturbar al fiel común, los reformadores no eliminaron inmediatamente aquellas partes de la Misa que reflejaban la verdadera Fe y que se oponían a sus nuevas doctrinas. Por ejemplo, mantuvieron la elevación de la Hostia entre el Sanctus y el Benedictus.Lutero todavía mantenía la presencia de Cristo en el pan en el momento de su recepción, pero negaba firmemente el Sacrificio de la Misa. Para él el altar nunca podía ser un lugar de sacrificio. A partir de esta negación, podemos entender los errores consiguientes en la liturgia protestante, que es completamente diferente de la de la Iglesia Católica. También podemos entender por qué el Concilio de Trento definió aquella parte de la Fe Católica que concierne a la naturaleza del Sacrificio Eucarístico: es una fuerza salvadora real. El Concilio especifica que éste no es un nuevo sacrificio independiente del sacrificio único de Cristo sino el mismo sacrificio, en el que Cristo se hace presente en forma incruenta, de manera tal que Su Cuerpo y Su Sangre están presentes en substancia permaneciendo bajo la apariencia de pan y vino. Por lo tanto, no existe un nuevo mérito sacrificial; más bien, el fruto infinito del sacrificio cruento de la Cruz es efectuado o realizado por Jesucristo constantemente en la Misa.El Concilio especifica que éste no es un nuevo sacrificio independiente del sacrificio único de Cristo sino el mismo sacrificio, en el que Cristo se hace presente en forma incruenta, de manera tal que Su Cuerpo y Su Sangre están presentes en substancia permaneciendo bajo la apariencia de pan y vino. Por lo tanto, no existe un nuevo mérito sacrificial; más bien, el fruto infinito del sacrificio cruento de la Cruz es efectuado o realizado por Jesucristo constantemente en la Misa.










EL ATRACTIVO DE LA MISA

TRIDENTINA


por el Cardenal Alfons Stickler *

(tomado de The Latin Mass, verano de 1995)

El sólido erudito austríaco, fallecido a los 97 años el 12 de diciembre de 2007, fiesta de Nuestra Señora de Guadalupe, Patrona de América, fue un salesiano que actuó como perito en otras dos comisiones del Vaticano II (además de la de Liturgia). Entre sus obras, “La causa del celibato del clero” (Ignatius Press) documenta cómo el celibato sacerdotal fue decretado desde los primeros días de la Iglesia.LEER...

quarta-feira, 19 de novembro de 2014

Cardenal Stickler - El Concilio, el Novus Ordo Missae y las innovaciones litúrgicas sin fin


Cardenal Stickler - El Concilio, el Novus Ordo Missae y las innovaciones litúrgicas sin fin: Podrá comprenderse mi asombro cuando comprobé que, de muchos modos, la edición final del nuevo Misal Romano no se correspondía con los textos Conciliares que yo conocía tan bien, y que contenía mucho que ampliaba, cambiaba, y hasta iba directamente contra las provisiones Conciliares. Como conocía con precisión todo el procedimiento del Concilio, desde las muchas veces largas discusiones y el proceso de los modi hasta las repetidas votaciones que llevaban a las formulaciones finales, como también los textos que incluían las regulaciones precisas para la implementación de la reforma deseada, pueden ustedes imaginar mi estupor, mi creciente desagrado, y hasta mi indignación, especialmente con respecto a contradicciones específicas y cambios que necesariamente tendrían consecuencias duraderas.







 


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MI FUNCION EN EL CONCILIO 


Pido perdón si comienzo con algunas circunstancias personales, pero lo he considerado necesario para una mejor comprensión del tema que debo abordar. Fui profesor de Derecho Canónico e Historia de las leyes de la Iglesia en la Universidad Salesiana y, durante 8 años, desde 1958 a 1966, su Rector. Como tal actué como consultor de la Sagrada Congregación para los Seminarios y Universidades y, desde las tareas preparatorias para la implementación de los reglamentos conciliares, como miembro de la Comisión Conciliar dirigida por ese dicasterio. Además, fui nombrado perito de la Comisión para el Clero.
Poco antes del comienzo del Concilio, el Cardenal Larraona, de quien yo había sido alumno en la Laterana y que había sido nombrado prefecto de la Comisión Conciliar para la Liturgia, me llamó para decirme que había sugerido mi nombre para perito de esa Comisión. Objeté que ya me hallaba comprometido para otras dos, como perito conciliar, sobre todo para la de seminarios y universidades.
Pero él insistió en que un canonista debía participar debido a la significación del derecho canónico en los requerimientos de la liturgia. Por lo tanto, y asumiendo una obligación que no había buscado, viví la experiencia del Vaticano II desde el principio.
En general, la liturgia había sido colocada como el primer tópico en el orden de los temas a tratarse. Fui nombrado en una subcomisión que debía considerar los modi de los primeros tres capítulos y tenía también que preparar los textos que se llevarían al recinto conciliar para discusión y votación. Esta Subcomisión consistía de tres obispos –el Arzobispo Callewaert de Gantes, como presidente, el Obispo Enciso Viana de Mallorca y, si no me equivoco, el Obispo Pichler de Yugoslavia– y de tres peritos: el Obispo Marimort, el claretiano español Padre Martínez de Antoñana y yo. Pude conocer así, con claridad, los deseos de los Padres Conciliares así como el sentido correcto de los textos que el Concilio votó y adoptó.

EL CONCILIO Y EL NUEVO MISAL ROMANO. 

Podrá comprenderse mi asombro cuando comprobé que, de muchos modos, la edición final del nuevo Misal Romano no se correspondía con los textos Conciliares que yo conocía tan bien, y que contenía mucho que ampliaba, cambiaba, y hasta iba directamente contra las provisiones Conciliares. Como conocía con precisión todo el procedimiento del Concilio, desde las muchas veces largas discusiones y el proceso de los modi hasta las repetidas votaciones que llevaban a las formulaciones finales, como también los textos que incluían las regulaciones precisas para la implementación de la reforma deseada, pueden ustedes imaginar mi estupor, mi creciente desagrado, y hasta mi indignación, especialmente con respecto a contradicciones específicas y cambios que necesariamente tendrían consecuencias duraderas. Por esto decidí ir a ver alCardenal Gut, quien el 8 de mayo de 1968 había sido nombrado prefecto para la Congregación de los Ritos, en reemplazo del Cardenal Larraona, quien había renunciado a la prefectura de dicha congregación el 9 de enero de ese año.
Le solicité una audiencia en su departamento, que me concedió el 19 de noviembre de 1969 (aquí quisiera hacer notar, incidentalmente, que la fecha de la muerte del Cardenal Gut aparece, repetidamente, adelantada un año en las memorias del Arzobispo Bugnini : 8 de diciembre de 1969, en vez de la correcta, de 1970).
 

Me recibió muy cordialmente, a pesar de que estaba visiblemente muy enfermo, y pude, por decirlo así, abrirle mi corazón. Me dejó hablar sin interrupción durante media hora, y entonces me dijo que compartía plenamente mi preocupación. Enfatizó, de todos modos, que la Congregación de los Ritos no tenía la culpa, ya que el trabajo de reforma en su totalidad había sido efectuado por un Consilium, que había sido nombrado por el Papa específicamente con ese fin, y para el cual Pablo VI había elegido al Cardenal Lercaro como presidente y al padre Bugnini como secretario. Este grupo trabajó bajo la supervisión directa del Papa.
He aquí que el padre Bugnini había sido secretario de la Comisión Conciliar Preparatoria para la Liturgia. Como su trabajo no había sido satisfactorio –había tenido lugar bajo la dirección del Cardenal Gaetano Cicognani– no fue promovido a secretario de la Comisión Conciliar. En su lugar fue nombrado Fray Ferdinando Antonelli OFM (más tarde Cardenal). Un grupo organizado de liturgistas hizo ver a Pablo VI esta postergación como una injusticia hacia el P. Bugnini, y se las arreglaron para lograr que el nuevo Papa, que era muy impresionable ante estos procederes, reparara la “injusticia” nombrando al P. Bugnini secretario del nuevo Consilium responsable de implementar la reforma.
Estos dos nombramientos, del Cardenal Lercaro y del P. Bugnini, para lugares clave en el Consilium, hicieron posible que se oyeran voces que no habían sido oídas durante el proceso del Concilio y, de la misma manera, se silenciaran otras que sí lo habían sido. Además, el trabajo del Consilium se llevó a cabo en áreas de trabajo inaccesibles a quienes no fueran miembros de él. Con el fin de establecer la coincidencia o la contradicción entre las reglamentaciones del Concilio y la reforma tal cual fue llevada a cabo, veamos brevemente las instrucciones Conciliares más importantes relativas al trabajo de reforma.
Las instrucciones generales, que conciernen sobre todo a los fundamentos teológicos, están contenidas principalmente en el artículo 2 de Sacrosantum Concilium. Aquí se establecen primeramente la naturaleza terrenocelestial de la Iglesia, su Misterio, tal como la liturgia debería expresarlo: todo lo humano debe estar ordenado y subordinado a lo divino; lo visible a lo invisible; lo activo a lo contemplativo; el presente a la futura Ciudad de Dios que buscamos. De acuerdo con esto, la renovación de la liturgia debe ir de la mano con el desarrollo y la renovación del concepto de Iglesia.
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El artículo 21 deja asentada la condición previa para cualquier reforma litúrgica: que hay en la liturgia una parte inmutable, pues fue decretada por Dios, y partes que pueden ser cambiadas, o sea aquellas que se introdujeron en el curso del tiempo en forma impropia o han probado ser menos apropiadas. Los textos y los ritos deben corresponderse con la orden establecida en el artículo 2, y por esto pueden ser mejor entendidos y mejor experimentados por el pueblo. En el artículo 23 aparecen sobre todo guías prácticas que deben ser seguidas para lograr la correcta relación entre tradición y progreso. Debe emprenderse una precisa investigación teológica, histórica y pastoral; además, se deben considerar las leyes generales de la estructura y del sentido de la liturgia, y la experiencia derivada de las reformas litúrgicas más recientes. Luego, se deja establecido como norma general que la innovación se puede introducir solamente si un genuino beneficio para la Iglesia lo demanda. Finalmente, las nuevas formas deben surgir orgánicamente de aquellas ya existentes.

Conviene señalar las normas prácticas para la tarea de la reforma que surgen de la naturaleza didáctica y pastoral de la liturgia. De acuerdo con el artículo 33, la liturgia es principalmente el culto a la majestad de Dios, por el cual los creyentes entran en relación con Él por medio de signos visibles que la liturgia usa para expresar realidades invisibles, signos que fueron elegidos por Cristo mismo o por la Iglesia. Hay aquí un eco vibrante de lo que el Concilio de Trento ya recomendaba con el fin de proteger su patrimonio del vacío racionalista e insípido del culto protestante, patrimonio que el Santo Padre en sus escritos a las iglesias orientales ha caracterizado como su tesoro especial. Este “tesoro especial” también merece ser una fuente de alimento para la Iglesia Católica. Se distingue por ser rico en simbolismo, proveyendo de esa manera educación didáctica pastoral y enriquecimiento, haciéndolo especialmente adecuado hasta para la gente más sencilla.

purg1.jpg picture by kking888Cuando consideramos que las iglesias Ortodoxas –a pesar de su separación de la roca de la Iglesia– a través de la expresión simbólica y el desarrollo teológico que continuamente se incorporaron a su liturgia han preservado las creencias correctas y los sacramentos, toda reforma litúrgica católica debería más bien aumentar la riqueza simbólica de su forma de culto en vez de disminuirla – a veces hasta drásticamente–.


El Concilio pidió, una y otra vez, que la reforma se adhiriera a la tradición. Todas las reformas, a excepción de la postconciliar, observaron esta regla básica.

En lo que concierne a las guías prácticas para partes específicas de la liturgia –sobre todo para lo central, el sacrificio de la Misa– es suficiente concentrarse en unos pocos puntos especialmente significativos para la reforma del Ordo Missae.
Para ello, deben enfatizarse especialmente dos directivas Conciliares. En el artículo 50 se da, primeramente, la directiva de que en la reforma debe manifestarse más claramente la naturaleza intrínseca de las varias partes de la Misa y la conexión entre ellas con el fin de facilitar la activa y devota participación de los fieles.
Como consecuencia, se enfatiza que los ritos deben ser simplificados pero manteniendo al mismo tiempo fielmente su sustancia, y que ciertos elementos que habían sido duplicados en el curso de los siglos o agregados de manera no especialmente oportuna, debían ser nuevamente eliminados; mientras que otros, que habían sido perdidos con el paso del tiempo, serían restaurados en armonía con los padres Conciliares hasta donde pareciera apropiado o necesario.

EL CONCILIO: ÉNFASIS ESPECIAL EN EL SILENCIO. 

En lo que concierne a la participación de los fieles, los varios elementos de compromiso exterior están indicados en el artículo 30, con énfasis especial en el silencio necesario en los momentos debidos. El Concilio vuelve a esto en más detalle en el artículo 48, con una nota especial sobre la participación interior, a través de la cual la adoración a Dios y la obtención de la Gracia, juntamente con el sacerdote que ofrece el sacrificio y los demás participantes, logra sus frutos.

EL LENGUAJE LITÚRGICO. 

El Artículo 36 habla del lenguaje litúrgico en general, y el artículo 54 de los casos particulares de la Misa. Luego de una discusión que duró varios días, en la cual se discutieron los argumentos a favor y en contra, los padres Conciliares llegaron a la clara conclusión – en total acuerdo con el Concilio de Trento– de que el Latín debía ser mantenido como la lengua del culto para el rito Latino, aunque eran posibles y aún bienvenidos los casos excepcionales. Volveremos sobre este punto en detalle.
EL CANTO GREGORIANO. 

El artículo 116 habla extensamente sobre el canto gregoriano, haciendo notar que éste ha sido el canto clásico de la liturgia católica desde el tiempo de Gregorio el Grande, y que como tal debe ser mantenido. La música polifónica también merece atención y estudio. Los demás artículos del capitulo VI, sobre música sacra, hablan del canto y la música apropiados para la Iglesia y la liturgia, y enfatiza espléndidamente el im portante, ciertamente fundamental, papel del órgano en la liturgia Católica.
El artículo 107 analiza la reforma del año litúrgico, poniendo énfasis en la afirmación o reintroducción de los elementos tradicionales y reteniendo su carácter específico. Se enfatiza particularmente la importancia de las fiestas del Señor y en general del Propium de tempore en la secuencia anual, en el cual algunas fiestas sagradas debían dejar su lugar para que la completa efectividad de la celebración de los misterios de la redención no fuera menoscabada.
Por cierto que estas referencias sobre la reforma litúrgica a la luz de la Constitución para la Liturgia no son completas en lo que concierne a los distintos temas considerados ni a cómo fueron tratados. Seleccionaré muchos y variados ejemplos que parecen necesarios para llegar a una conclusión convincente.
Elevation of the Host 

La Iglesia y la liturgia crecen y se desarrollan juntas, pero siempre de modo que lo terreno se organice en torno a lo celestial. La misa viene de Cristo; fue adoptada por los apóstoles y sus sucesores como también por los Padres de la Iglesia. Se desarrolló orgánicamente con el mantenimiento consciente de su substancia.
La liturgia se desarrolló conforme a la Fe que está contenida en ella; por esto podemos decir con el Papa Celestino I, en sus escritos a los obispos Galicanos en el año 422: Legem credendi lex statuit supplicandi: la liturgia contiene y, en formas adecuadas y comprensibles, expresa la Fe. En este sentido, el contenido de la liturgia participa del contenido de la Fe misma y, ciertamente, contribuye a protegerla. Nunca se ha visto, entonces, en ninguno de los ritos cristianos católicos, una ruptura, una creación radicalmente nueva – a excepción de la reforma postconciliar. Pero el Concilio pidió, una y otra vez, que la reforma se adhiriera a la tradición. Todas las reformas, comenzando con Gregorio I, a lo largo de la Edad Media, durante el ingreso a la Iglesia de los pueblos más dispares con sus variadas costumbres, observaron esta regla básica.
Esta es, incidentalmente, una característica de todas las religiones, incluidas las no reveladas, que prueba que un apego a la tradición es común a todo culto religioso, y por lo tanto es algo natural.
No es sorprendente, por lo tanto, que cada brote herético de la Iglesia Católica haya generado una revolución litúrgica, como es claramente reconocible en el caso de los protestantes y anglicanos; mientras que las reformas efectuadas por los papas y particularmente estimuladas por el Concilio de Trento y llevadas adelante por el Papa San Pío V, como de las de San Pío X, Pío XII y Juan XXIII, no fueron revoluciones, sino meramente correcciones insignificantes, alineamientos y enriquecimientos. No debía introducirse nada nuevo, como el Concilio dice expresamente refiriéndose a la reforma deseada por los Padres Conciliares, salvo que lo demandara el bien genuino de la Iglesia.

MULTIPLICIDAD PRÁCTICAMENTE ILIMITADA. 

Hay varios ejemplos de lo que la reforma postconciliar de hecho produjo, sobre todo, en su mismo corazón, el radicalmente nuevo Ordo Missae. El nuevo introito de la Misa asegura un lugar destacado a muchas variantes, y por medio de posteriores concesiones a la imaginación de los celebrantes con sus comunidades ha ido llevando a una multiplicidad prácticamente ilimitada. De cerca le sigue el Leccionario, al cual volveremos en conexión con otro asunto.

EL OFERTORIO, UNA REVOLUCIÓN. 

Luego de esto viene el Ofertorio, el cual, en sus textos y contenido, representa una revolución. Ya no aparece como el antecedente del sacrificio sino, solamente, como una preparación de los dones, con sentido evidentemente humanizado, lo que nos impresiona como artificioso del principio al fin. En Italia fue llamado el sacrificio de los coltivatori diretti, esto es, de la poca gente que aún cultiva personalmente sus pequeñas parcelas de tierra, mayormente antes y después de su ocupación principal. Debido a los grandes medios técnicos a disposición de la agricultura, que hoy sólo se pueden obtener por vía de la industria, para la producción del pan se utiliza muy poco trabajo del hombre. Desde la arada hasta la cosecha de la cual proceden los granos de trigo son necesarias muy pocas manos humanas. La substitución de la ofrenda de los dones para el sacrificio por realizarse es más bien un desafortunado y anacrónico simbolismo que escasamente puede reemplazar los varios elementos simbólicos genuinos que fueron suprimidos.
Se hizo también tabula rasa con los gestos altamente recomendados por el Concilio de Trento y solicitados por el Concilio Vaticano II, como también muchas Señales de la Cruz, besos al altar y genuflexiones.

fonte:una voce argentina

segunda-feira, 7 de julho de 2014

BENTO XVI: Motu Proprio Summorum Pontificum sobre a «Liturgia romana anterior à reforma de 1970» (7 de julho de 2007)

Motu Proprio Summorum Pontificum sobre a «Liturgia romana anterior à reforma de 1970» (7 de julho de 2007)
[Alemão, Espanhol, Francês, Húngaro, Inglês, Italiano, Latim, Português]






CARTA APOSTÓLICA
DE SUA SANTIDADE
BENTO XVI DADA SOB FORMA DE MOTU PROPRIO
SUMMORUM PONTIFICUM


Os Sumos Pontífices preocuparam-se, constantemente até aos nossos dias, por que a Igreja de Cristo oferecesse à Divina Majestade um culto digno «para glória do seu nome» e para bem «de toda a santa Igreja».


Desde tempos imemoriais e de igual modo para o futuro, se reconhece como necessário manter o princípio segundo o qual «cada Igreja particular deve concordar com a Igreja universal não só quanto à doutrina da fé e aos sinais sacramentais mas também quanto aos usos universalmente aceites por uma ininterrupta tradição apostólica como devendo ser observados, não só para evitar erros mas também para transmitir a fé na sua integridade, porque a norma de oração da Igreja corresponde à sua norma de fé»[1].


Entre os Pontífices que tiveram uma tal indispensável preocupação ressalta o nome de São Gregório Magno, que se esforçou para que aos novos povos da Europa se transmitisse tanto a fé católica como os tesouros do culto e da cultura acumulados pelos romanos nos séculos precedentes. Mandou que fosse definida e conservada a forma da Liturgia sagrada, relativa quer ao Sacrifício da Missa quer ao Ofício Divino, no modo como se celebrava em Roma. Promoveu com a maior solicitude a propagação dos monges e monjas que, agindo segundo a Regra de São Bento, por toda a parte juntamente com o anúncio do Evangelho ilustraram com a sua vida esta máxima salutar da Regra: «Que nada seja anteposto à obra de Deus» (cap. 43). Desta forma, a Liturgia sagrada, celebrada segundo o uso romano, enriqueceu não somente a fé e a piedade, mas também a cultura de muitas populações. Consta, efectivamente, que a liturgia latina da Igreja, nas suas várias formas, em todos os séculos da era cristã impulsionou na vida espiritual numerosos Santos e reforçou muitos povos na virtude da religião e fecundou a sua piedade.


Muitos outros Pontífices Romanos, no decorrer dos séculos, mostraram particular solicitude em assegurar que a Liturgia sagrada desempenhasse de forma mais eficaz esta função: entre eles destaca-se São Pio V, que, animado por grande zelo pastoral, na sequência da exortação do Concílio de Trento, renovou todo o culto da Igreja, preocupou-se pela edição dos livros litúrgicos corrigidos e «renovados segundo a norma dos Padres» e destinou-os para uso da Igreja latina.


Entre os livros litúrgicos do Rito Romano sobressai o Missal Romano, que se desenvolveu na cidade de Roma e, com o decorrer dos séculos, pouco a pouco tomou formas que têm grande semelhança com a vigente nos tempos mais recentes.


«Os Romanos Pontífices, no decorrer dos séculos seguintes, procuraram alcançar este mesmo objectivo assegurando a actualização e definindo os ritos e os livros litúrgicos; e depois, a partir dos inícios deste século, empreendendo uma reforma mais geral».[2] Assim agiram os nossos Predecessores Clemente VIII, Urbano VIII, São Pio X,[3] Bento XV, Pio XII e o Beato João XXIII. ler...
POPE BENEDICT XVI

APOSTOLIC LETTER
GIVEN MOTU PROPRIO

SUMMORUM PONTIFICUM

ON THE USE OF THE ROMAN LITURGY
PRIOR TO THE REFORM OF 1970



The Supreme Pontiffs have to this day shown constant concern that the Church of Christ should offer worthy worship to the Divine Majesty, “for the praise and glory of his name” and “the good of all his holy Church.”

As from time immemorial, so too in the future, it is necessary to maintain the principle that “each particular Church must be in accord with the universal Church not only regarding the doctrine of the faith and sacramental signs, but also as to the usages universally received from apostolic and unbroken tradition. These are to be observed not only so that errors may be avoided, but also that the faith may be handed on in its integrity, since the Church’s rule of prayer (lex orandi) corresponds to her rule of faith (lex credendi).” [1]

Eminent among the Popes who showed such proper concern was Saint Gregory the Great, who sought to hand on to the new peoples of Europe both the Catholic faith and the treasures of worship and culture amassed by the Romans in preceding centuries. He ordered that the form of the sacred liturgy, both of the sacrifice of the Mass and the Divine Office, as celebrated in Rome, should be defined and preserved. He greatly encouraged those monks and nuns who, following the Rule of Saint Benedict, everywhere proclaimed the Gospel and illustrated by their lives the salutary provision of the Rule that “nothing is to be preferred to the work of God.” In this way the sacred liturgy, celebrated according to the Roman usage, enriched the faith and piety, as well as the culture, of numerous peoples. It is well known that in every century of the Christian era the Church’s Latin liturgy in its various forms has inspired countless saints in their spiritual life, confirmed many peoples in the virtue of religion and enriched their devotion. read...











LETTRE APOSTOLIQUE
EN FORME DE MOTU PROPRIO
DU SOUVERAIN PONTIFE
BENOÎT XVI

SUMMORUM PONTIFICUM


Les Souverains Pontifes ont toujours veillé jusqu’à nos jours à ce que l’Église du Christ offre à la divine Majesté un culte digne, « à la louange et à la gloire de son nom » et « pour le bien de toute la sainte Église ». Depuis des temps immémoriaux et aussi à l’avenir, le principe à observer est que « chaque Église particulière doit être en accord avec l’Église universelle, non seulement quant à la doctrine de la foi et aux signes sacramentels, mais aussi quant aux usages reçu universellement de la tradition apostolique ininterrompue, qui sont à observer non seulement pour éviter des erreurs, mais pour transmettre l’intégrité de la foi, parce que la lex orandi de l’Église correspond à sa lex credenti » [1].
Parmi les Pontifes qui ont eu ce soin requis se distingue le nom de saint Grégoire le Grand, qui fut attentif à transmettre aux nouveaux peuples de l’Europe tant la foi catholique que les trésors du culte et de la culture accumulés par les Romains au cours des siècles précédents. Il ordonna de déterminer et de conserver la forme de la liturgie sacrée, aussi bien du Sacrifice de la Messe que de l’Office divin, telle qu’elle était célébrée à Rome. Il encouragea vivement les moines et les moniales qui, vivant sous la Règle de saint Benoît, firent partout resplendir par leur vie, en même temps que l’annonce de l’Évangile, cette très salutaire maxime de la Règle, « Ne rien préférer à l’œuvre de Dieu » (chap. 43). Ainsi, la liturgie sacrée selon la coutume de Rome féconda non seulement le foi et la piété mais aussi la culture de nombreux peuples. C’est un fait assurément que la liturgie latine de l’Église sous ses diverses formes, au cours de tous les siècles de l’ère chrétienne, a stimulé la vie spirituelle d’innombrables saints et qu’elle a fortifié beaucoup de peuples dans la vertu de religion et fécondé leur piété.
Au cours des siècles, beaucoup d’autres Pontifes romains se sont particulièrement employés à ce que la liturgie sacrée accomplisse plus efficacement cette tâche. Parmi eux se distingue saint Pie V, qui, avec un grand zèle pastoral, suivant l’exhortation du Concile de Trente, renouvela tout le culte de l’Église, eut soin d’éditer des livres liturgiques corrigés et « réformés selon la volonté des Pères », et les donna à l’Église latine pour son usage.
Parmi les livres liturgiques du Rite romain, la première place revient évidemment au Missel romain, qui se répandit dans la ville de Rome puis, les siècles suivants, prit peu à peu des formes qui ont une grande similitude avec la forme en vigueur dans les générations récentes.
« C’est le même objectif qu’ont poursuivi les Pontifes romains au cours des siècles suivants en assurant la mise à jour des rites et des livres liturgiques ou en les précisant, et ensuite, depuis le début de ce siècle, en entreprenant une réforme plus ample » [2]. Ainsi firent mes prédécesseurs Clément VIII, Urbain VIII, saint Pie X [3], Benoît XV, Pie XII et le Bienheureux Jean XXIII.
Plus récemment, le Concile Vatican II exprima le désir que l’observance et le respect dus au culte divin soient de nouveau réformés et adaptés aux nécessités de notre temps. Poussé par ce désir, mon prédécesseur le Souverain Pontife Paul VI approuva en 1970 les livres liturgiques réformés et partiellement rénovés de l’Église latine. Ceux-ci, traduits partout dans le monde en de nombreuses langues vulgaires, ont été accueillis volontiers par les évêques comme par les prêtres et les fidèles. Jean-Paul II reconnut la troisième édition type du Missel romain. Ainsi, les Pontifes romains se sont employés à ce que « cet édifice liturgique, pour ainsi dire , […] apparaisse de nouveau dans la splendeur de sa dignité et de son harmonie » [4].
Dans certaines régions toutefois, un nombre non négligeable de fidèles se sont attachés et continuent à être attachés avec un tel amour et une telle affection aux formes liturgiques précédentes, qui avaient profondément imprégné leur culture et leur esprit, que le Souverain Pontife Jean-Paul II, poussé par la sollicitude pastorale pour ces fidèles, accorda en 1984 par un indult spécial Quattuor abhinc annos, rédigé par la Congrégation pour le Culte divin, la faculté d’utiliser le Missel romain publié en 1962 par Jean XXIII ; puis de nouveau en 1988, par la lettre apostolique Ecclesia Dei en forme de Motu proprio, Jean-Paul II exhorta les évêques à utiliser largement et généreusement cette faculté en faveur de tous les fidèles qui en feraient la demande.
Les prières instantes de ces fidèles ayant déjà été longuement pesées par mon prédécesseur Jean-Paul II, ayant moi-même entendu les Pères cardinaux au Consistoire tenu le 23 mars 2006, tout bien considéré, après avoir invoqués l’Esprit Saint, confiant dans le secours de Dieu, par la présente Lettre apostolique je décide ce qui suit: lire...



CARTA APOSTÓLICA
EN FORMA DE MOTU PROPRIO

SUMMORUM PONTIFICUM

DEL SUMO PONTÍFICE
BENEDICTO XVI



Los sumos pontífices se han preocupado constantemente hasta nuestros días de que la Iglesia de Cristo ofreciese a la Divina Majestad un culto digno de «alabanza y gloria de su nombre» y «para el bien de toda su Santa Iglesia».Desde tiempo inmemorial, y también para el futuro, es necesario mantener el principio según el cual, «cada Iglesia particular debe concordar con la Iglesia Universal, no sólo en cuanto a la doctrina de la fe y los signos sacramentales sino también en cuanto a los usos universales aceptados por la tradición apostólica y continua. Éstos han de observarse no sólo para evitar errores, sino también para transmitir la integridad de la fe y para que la ley de la oración de la Iglesia se corresponda a su ley de la fe.[1]
Entre los pontífices que tuvieron esa preocupación resalta el nombre de San Gregorio Magno, que hizo todo lo posible para que se transmitiera a los nuevos pueblos de Europa tanto la fe católica como los tesoros del culto y de la cultura acumulados por los romanos en los siglos precedentes. Ordenó que fuera definida y conservada la forma de la Sagrada Liturgia relativa tanto al Sacrificio de la Misa como al Oficio Divino, en el modo en que se celebraba en la Urbe. Promovió con la máxima atención la difusión de los monjes y monjas que, actuando según la regla de San Benito, siempre junto al anuncio del Evangelio, ejemplificaron con su vida la saludable máxima de la Regla: «Nada se anteponga a la obra de Dios» (cap. 43). De esa forma, la Sagrada Liturgia, celebrada según el uso romano, no solamente enriqueció la fe y la piedad, sino también la cultura de muchas poblaciones. Consta efectivamente que la liturgia latina de la Iglesia en sus varias formas, en todos los siglos de la era cristiana, ha impulsado en la vida espiritual a numerosos santos y ha reforzado a tantos pueblos en la virtud de la religión y ha fecundado su piedad. En el transcurso de los siglos, muchos otros pontífices romanos han mostrado una particular solicitud para que la Sagrada Liturgia manifestara de la forma más eficaz esta tarea. Entre ellos destaca san Pío V, que animado por gran celo pastoral tras la exhortación de Concilio de Trento, renovó todo el culto de la Iglesia, revisó la edición de los libros litúrgicos enmendados y, «renovados según la norma de los Padres», los puso en uso en la Iglesia Latina.
Entre los libros litúrgicos del rito romano, resalta el Misal Romano, que tuvo su desarrollo en la ciudad de Roma, y que, poco a poco, con el transcurso de los siglos, tomó formas que tienen gran semejanza con las vigentes en tiempos más recientes.«Este mismo objetivo fue perseguido por los Romanos Pontífices a lo largo de los siglos siguientes, asegurando la puesta al día, definiendo los ritos y los libros litúrgicos, y emprendiendo, desde el comienzo de este siglo, una reforma más general». [2] Así actuaron nuestros predecesores Clemente VIII, Urbano VIII, san Pío X, [3] Benedicto XV, Pío XII y el beato Juan XXIII.
En tiempos recientes, el Concilio Vaticano II expresó el deseo de que la debida y respetuosa reverencia respecto al culto divino se renovase de nuevo y se adaptase a las necesidades de nuestra época. Movido por este deseo, nuestro predecesor, el Sumo Pontífice Pablo VI, aprobó en 1970 para la Iglesia latina los libros litúrgicos reformados, y en parte renovados. Éstos, traducidos a las diversas lenguas del mundo, fueron acogidos de buen grado por los obispos, sacerdotes y fieles. Juan Pablo II revisó la tercera edición típica del Misal Romano. Así, los Romanos Pontífices se han ocupado de que «esta especie de edificio litúrgico (...) apareciese nuevamente esplendoroso por dignidad y armonía». [4]En algunas regiones, sin embargo, no pocos fieles adhirieron y siguen adhiriéndose con mucho amor y afecto a las anteriores formas litúrgicas, que habían impregnado su cultura y su espíritu de manera tan profunda, que el Sumo Pontífice Juan Pablo II, movido por la preocupación pastoral respecto a estos fieles, en el año 1984, con el indulto especial «Quattuor abhinc annos», emitido por la Congregación para el Culto Divino, concedió la facultad de usar el Misal Romano editado por el beato Juan XXIII en el año 1962; más tarde, en el año 1988, con la Carta Apostólica «Ecclesia Dei», dada en forma de Motu Proprio, Juan Pablo II exhortó a los obispos a utilizar amplia y generosamente esta facultad en favor de todos los fieles que lo solicitasen.
Después de la consideración por parte de nuestro predecesor Juan Pablo II de las insistentes peticiones de estos fieles, tras haber escuchado a los Padres Cardenales en el consistorio del 22 de marzo de 2006, y haber reflexionado profundamente sobre cada uno de los aspectos de la cuestión, invocando al Espíritu Santo y contando con la ayuda de Dios, con las presente Carta Apostólica establecemos lo siguiente leer...


APOSTOLISCHES SCHREIBEN
VON PAPST BENEDIKT XVI.
ALS MOTU PROPRIO ERLASSEN

SUMMORUM PONTIFICUM

über den Gebrauch der Römischen Liturgie in der Gestalt vor der Reform von 1970
Die Sorge der Päpste ist es bis zur heutigen Zeit stets gewesen, daß die Kirche Christi der Göttlichen Majestät einen würdigen Kult darbringt, „zum Lob und Ruhm Seines Namens“ und „zum Segen für Seine ganze heilige Kirche“.
Seit unvordenklicher Zeit wie auch in Zukunft gilt es den Grundsatz zu wahren, „demzufolge jede Teilkirche mit der Gesamtkirche nicht nur hinsichtlich der Glaubenslehre und der sakramentalen Zeichen übereinstimmen muß, sondern auch hinsichtlich der universal von der apostolischen und ununterbrochenen Überlieferung empfangenen Gebräuche, die einzuhalten sind, nicht nur um Irrtümer zu vermeiden, sondern auch damit der Glaube unversehrt weitergegeben wird; denn das Gesetz des Betens (lex orandi) der Kirche entspricht ihrem Gesetz des Glaubens (lex credendi).“[1]
Unter den Päpsten, die eine solche gebotene Sorge walten ließen, ragt der Name des hl. Gregor des Großen heraus; dieser sorgte dafür, daß sowohl der katholische Glaube als auch die Schätze des Kultes und der Kultur, welche die Römer der vorangegangenen Jahrhunderte angesammelt hatten, den jungen Völkern Europas übermittelt wurden. Er ordnete an, daß die Form der heiligen Liturgie – sowohl des Meßopfers als auch des Officium Divinum – festgelegt und bewahrt werden sollte, wie sie in Rom gefeierte wurde. Auch förderte er sehr die Mönche und Nonnen, die nach der Regel des hl. Benedikt lebten und überall zusammen mit der Verkündigung des Evangeliums auch jenen äußerst heilsamen Satz der Regel durch ihr Leben veranschaulichten, daß „dem Gottesdienst nichts vorzuziehen“ sei (Kap. 43). Auf solche Weise befruchtete die heilige Liturgie nach römischem Brauch nicht nur den Glauben und die Frömmigkeit, sondern auch die Kultur vieler Völker. Es steht fraglos fest, daß die lateinische Liturgie der Kirche mit ihren verschiedenen Formen in allen Jahrhunderten der christlichen Zeit sehr viele Heilige im geistlichen Leben angespornt und so viele Völker in der Tugend der Gottesverehrung gestärkt und deren Frömmigkeit befruchtet hat.
Daß aber die heilige Liturgie diese Aufgabe noch wirksamer erfüllte, darauf haben verschiedene weitere Päpste im Verlauf der Jahrhunderte besondere Sorgfalt verwandt; unter ihnen ragt der heilige Pius V. heraus, der mit großem seelsorglichen Eifer auf Veranlassung des Konzils von Trient den ganzen Kult der Kirche erneuerte, die Herausgabe verbesserter und „nach der Norm der Väter reformierter“ liturgischer Bücher besorgte und sie der lateinischen Kirche zum Gebrauch übergab.
Unter den liturgischen Büchern des Römischen Ritus ragt das Römische Meßbuch deutlich heraus; es ist in der Stadt Rom entstanden und hat in den nachfolgenden Jahrhunderten schrittweise Formen angenommen, die große Ähnlichkeit haben mit der in den letzten Generationen geltenden.
„Dasselbe Ziel verfolgten die Päpste im Lauf der folgenden Jahrhunderte, indem sie sich um die Erneuerung oder die Festlegung der liturgischen Riten und Bücher bemühten und schließlich am Beginn dieses Jahrhunderts eine allgemeine Reform in Angriff nahmen“[2]. So hielten es nun Unsere Vorgänger Clemens VIII., Urban VIII., der hl. Pius X.[3], Benedikt XV., Pius XII. und der sel. Johannes XXIII.
In jüngerer Zeit brachte dann das Zweite Vatikanische Konzil den Wunsch zum Ausdruck, daß die gebotene Achtsamkeit und Ehrfurcht gegenüber dem Gottesdienst wieder erneuert und den Erfordernissen unserer Zeit angepaßt werden sollte. Von diesem Wunsch geleitet hat Unser Vorgänger Papst Paul VI. die reformierten und zum Teil erneuerten liturgischen Bücher im Jahr 1970 für die lateinische Kirche approbiert; überall auf der Erde in eine Vielzahl von Volkssprachen übersetzt, wurden sie von den Bischöfen sowie von den Priestern und Gläubigen bereitwillig angenommen. Johannes Paul II. rekognoszierte die dritte Editio typica des Römischen Meßbuchs. So haben die Päpste daran gearbeitet, daß „dieses ‚liturgische Gebäude‘ […] in seiner Würde und Harmonie neu“ erstrahlte.[4]
Andererseits hingen in manchen Gegenden nicht wenige Gläubige den früheren liturgischen Formen, die ihre Kultur und ihren Geist so grundlegend geprägt hatten, mit derart großer Liebe und Empfindung an und tun dies weiterhin, daß Papst Johannes Paul II., geleitet von der Hirtensorge für diese Gläubigen, im Jahr 1984 mit dem besonderen Indult „Quattuor abhinc annos“, das die Kongregation für den Gottesdienst entworfen hatte, die Möglichkeit zum Gebrauch des Römischen Meßbuchs zugestand, das von Johannes XXIII. im Jahr 1962 herausgegebenen worden war; im Jahr 1988 forderte Johannes Paul II. indes die Bischöfe mit dem als Motu Proprio erlassenen Apostolischen Schreiben Ecclesia Dei auf, eine solche Möglichkeit weitherzig und großzügig zum Wohl aller Gläubigen, die darum bitten, einzuräumen.
Nachdem die inständigen Bitten dieser Gläubigen schon von Unserem Vorgänger Johannes Paul II. über längere Zeit hin abgewogen worden sind und Wir auch die Kardinäle in dem am 23. März 2006 abgehaltenen Konsistorium angehört haben, nachdem alles reiflich abgewogen worden ist, nach Anrufung des Heiligen Geistes und fest vertrauend auf die Hilfe Gottes, BESCHLIESSEN WIR mit dem vorliegenden Apostolischen Schreiben folgendes: lesen...